Acqua Bene Comune e poi…
ACQUA BENE COMUNE
Negli ultimi anni si è andata diffondendo – per l’evoluzione del dibattito seguito ai referendum del 2011 e alle risoluzioni Onu del 2008 e del 2010 – l’associazione dell’espressione “bene comune” alla risorsa idrica. ‘Acqua bene comune’ è così diventata un’espressione ampia e frequente nel dibattito nazionale, assai più fortunata della formulazione di legge che stabilisce la natura pubblica e inalienabile dell’acqua.
Nel corso del convegno, sono state affrontate le tematiche relative alle sostenibilità economica dei servizi idrici, che – seppur pubblici – hanno costi industriali da coprire. “L’Acqua bene comune, di proprietà incedibile del demanio dello Stato, ha tuttavia un costo ineludibile, al di là delle riflessioni astratte – avverte il vicepresidente di Federutility Mauro D’Ascenzi -. Acqua pubblica non significa gratis”.
Il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti ha posto l’accento sul tema della Regolazione, capace di produrre risultati in termini di qualità del servizio e di recupero di efficienza. “E’ indispensabile assicurare la salvaguardia della risorsa anche in funzione dell’uso da parte delle future generazioni, con costi efficienti attraverso la regolazione e la stabilizzazione normativa”.
Il concetto di “bene comune” è stato al centro di un vivace confronto tra il filosofo Giulio Giorello, monsignor Giovanni d’Ercole (vescovo dell’Aquila) e Laura Castellucci (docente di Politica economica, Roma Tor Vergata). Non l’universalità del diritto all’acqua, ma la copertura dei costi del servizio il discrimine culturale, che deve superare il principio astratto e indagare le soluzioni concrete di carattere economico e gestionale.[/vc_column_text]